Il 15 giugno 2020 hanno preso il via i lavori di riqualificazione del marciapiede del tratto interno della litoranea di ponente, compreso tra lo spazio adibito ad ospitare gli eventi ludici della festa patronale ed il Parco Menea, così come risulta dalle determine dirigenziali n° 1313 dello scorso 02/09/2019 e n°475 del 24/03/2020. L’area purtroppo verrà coinvolta nell’ennesimo triste capitolo legato alla gestione ed alla progettazione del verde del nostro contesto urbano: le essenze arboree esistenti sul sito da diversi anni verranno, difatti, espiantate (alcune sono già state abbattute) per essere quindi rimpiazzate da nuove palme della specie Washingtonia. Un’operazione che, sebbene nasca da giuste intenzioni di rivalorizzazione paesaggistica, rischia di risultare controversa soprattutto sul piano ambientale, oltre che in contrasto con quanto statuito dal regolamento del verde pubblico di cui l’amministrazione comunale si è dotata ormai 3 anni fa. Un regolamento che ha visto la luce dopo un lungo e faticoso lavoro che ha coinvolto amministrazione, tecnici del settore ed associazioni. Gli abbattimenti, infatti, come stabilisce l’art.6, sono espressamente vietati nel periodo che va dal 15 marzo al 15 settembre e possono essere giustificati solo da cause tassative (morte, deperimento, grave patologia o pericolo per l’incolumità delle persone e delle cose), dimostrate con analisi fitostatica a cura di professionisti del settore come un dottore agronomo o un perito agrario abilitato.
Peraltro, le essenze che saranno oggetto degli espianti rientrano nell’elenco di quelle endemiche o quantomeno di cui se ne prescrive la piantumazione, come stabilisce lo stesso regolamento del verde pubblico all’art.43. Si tratta di pioppi bianchi e tamerici, specie arboree che ben tollerano salinità e siccità e che, quindi, ben si adattano al contesto fitoclimatico della fascia litoranea. La loro sostituzione con specie esotiche come le palme Washington - per quanto possa apparire di buon impatto visivo - non rispecchia le caratteristiche di endemicità della flora e riduce ulteriormente il livello di biodiversità delle specie arboree, con tutte le ripercussioni negative già verificatesi in questi anni con le palme delle Canarie (sterminate dal punteruolo rosso) e dei lecci (gravemente malati di nidularia).
Questo episodio si inserisce in un contesto di generale inadeguatezza che tutte le differenti amministrazioni succedutesi negli ultimi decenni hanno manifestato nel saper gestire la materia verde pubblico, con una città che oggi continua a scontare un forte deficit di alberature ed aree verdi. Insomma, ancora una volta verrà incrementata la distanza che intercorre tra le reali necessità urbane e le azioni intraprese dall’amministrazione; ancora una volta urbanistica, architettura, paesaggio e infrastruttura non verranno considerate come parte integrante di un pensiero unico e coeso nei confronti dello sviluppo della nostra città.
Si continua, invece, a lavorare per giustapposizione di frammenti urbani, andando a colmare il gap territoriale tra nucleo urbano e valorizzazione paesaggistica cucendo toppe su tessuti ormai desueti e lacerati. Interventi puntuali, di certo utili ad affrontare le problematiche specifiche di ogni singola parte della nostra città, ma, tuttavia, deleteri, in assenza di una visione d’insieme. Manca, a quanto pare, la volontà e forse la competenza per poter applicare alla gestione della cosa pubblica i principi della “Gestalt”, secondo cui “il tutto è diverso dalla somma delle sue parti”. Un pensiero che, nato dalla psicologia, si è subito riversato nelle tematiche architettoniche ed urbanistiche, a partire dagli studi sulla città condotti dagli architetti del Bauhaus, giungendo sino alle visioni urbane di K. Lynch. Spunti di riflessione che chiaramente riteniamo debbano entrare a far parte del nostro modo di guardare alla città. A Barletta, allo stato attuale delle cose, pare si stia invece remando esattamente in direzione opposta, favorendo l’avverarsi di eventi puntuali, piuttosto che la definizione di un quadro d’insieme. E la mancanza di una visione collettiva delle problematiche urbane è esattamente ciò che ha portato a propendere verso un intervento isolato piuttosto che verso una proposta integrata di più ampio respiro.
Eppure, solo alcuni mesi fa, si era tentato di affrontare il problema legato alla disastrosa condizione della litoranea e alla mancanza di opportuni spazi verdi per i cittadini, attraverso la proposta di spunti di riflessione che andassero verso una visione organica e non disarmonica della tematica. Organica nel senso di trasversale, interdisciplinare e interscalare, passando dalla città all’architettura alla natura in maniera continua attraverso la costruzione di una “green belt” costiera. Abbracciare ed includere, piuttosto che frammentare: riteniamo che sia questa la strada migliore da intraprendere per riportare le singole parti della nostra città ad una sintesi efficace ed efficiente.
Per questo motivo, in un articolo datato 15 novembre “IL MARE, IL PARCO, LA CITTÀ”, ponevamo l’accento sulla mancanza di una visione organica e sostenibile per il lungomare cittadino.
Il legame tra natura ed architettura, insomma, è, da sempre, assai forte e assai complesso. E tale complessità è stata affrontata, nel corso della storia, da tantissimi studiosi nel mondo dell’architettura e dell’ecologia. Tra di essi, riteniamo che le riflessioni di Maximilen Sorre sul rapporto tra natura ed urbe possano rappresentare una interessante lente attraverso cui osservare il contesto in cui viviamo, legando le nostre scelte alla possibilità di tutelare e valorizzare il verde cittadino (e, più in generale, l’intero “paesaggio urbano”) in maniera organica. Pertanto, oltre ad argomentare e motivare il nostro disappunto nei confronti delle operazioni condotte dalla nostra amministrazione comunale in questa occasione, la domanda che poniamo a noi stessi e che, di conseguenza, poniamo a tutti voi è quella che Sorre propose ai suoi interlocutori ben più di un secolo fa: in che modo il locus urbis, una volta determinato, influenza l’individuo e la collettività? E viceversa, in che modo l’uomo modifica l’ambiente in cui vive?
Ilaria Antonucci (Dottore in architettura/ing. edile_classe 85), Marco Bruno (avvocato e guida turistica_classe 88), Massimiliano Cafagna(architetto_classe 88), Antonio Cassatella (avvocato_classe 77), Giuseppe Cesario (ingegnere civile-ambientale_classe 91), Giulia Maria Lombardi(laurea specialistica in Arti Visive_classe 94),Giulia Penza (laureanda in agraria_classe 94), Fernando Giannella (architetto_87), Antonio Schirone(laureando in ingegneria edile/architettura_classe 87), Davide Napolitano (ingegnere civile_classe 88), Marina Strippoli (architetto_classe 88), Giuseppe Tupputi (architetto_classe 89), Antonio Paolillo (architetto_classe 88), Maria Alessandra Rutigliano (architetto_classe 91), Michele Porcelluzzi (architetto_classe 94), Francesco Delrosso (graphic designer_classe 88), Michele Paolicelli (Specialista in viticoltura ed enologia_classe 89),Antonio Lionetti (graphic designer_classe 88), Simona Falcetta (laurea specialistica in storia dell’arte_classe 92), Marco Lacerenza (graphic designer_classe 88), Erica Davanzante (laurea in beni culturali_classe 92), Ornella Spadaro (architetto_classe 92), Anna Maria Camapese (architetto_classe 89),Tommaso Crescente (architetto_classe 84), Saverio Rociola (graphic designer_classe 88), Giada Centaro (architetto_classe 92), Domenico Comitangelo (geometra_classe 86), Alessandro Cascella (guida turistica_classe 91), Alessandro Chiandetti(architetto_classe 84), Giuseppe Gissi (architetto_classe 89) Laboratorio di Immaginazione Urbana