"Sia chiaro a tutti che del Palazzo dove insiste la Cantina della Sfida non interessa niente a nessuno in quanto quella alla quale stiamo assistendo è una indubbia battaglia politica (della quale non me ne importa un beneamato) che porterà sicuramente alla miseranda fine di un luogo che poteva essere letteralmente salvato e preservato nel tempo (ce ne fossero privati che comprano beni culturali caricandosi di spese incredibili non tanto per l’acquisto bensì per le successive spese di manutenzione!), ma che invece rischia, quasi certamente, di subire la fine ingloriosa già vissuta da altri monumenti del centro storico barlettano e questo solo per miserevoli beghe politiche - scrive Michele Grimaldi Responsabile Archivi di Stato di Barletta e Trani".
"Parlo di fine ingloriosa basandomi sul precedente della Cantina della Sfida (e non della Disfida) sita al piano terra dello stabile “incriminato”, che da sempre e come risulta da un sopralluogo effettuato non molto tempo fa dall’Ufficio Tecnico comunale nel fabbricato sito in via Cialdini, “…sono stati riscontrati diffusi stati fessurativi, che seppure non determinano problematiche di natura statica, hanno originato all’interno della Cantina della Sfida (unità immobiliare di proprietà comunale), infiltrazioni e macchie di umidità”.
Dal sopralluogo però non viene fuori che i problemi di “allagamenti” periodici della Cantina, non sono affatto recenti e non dipendono soltanto da “diffusi stati fessurativi” bensì da endemica mancanza di manutenzione e risoluzione di problemi ben più gravi. Considerazione? Ovvia. Non riusciamo a gestire due locali e ci andiamo a caricare di altre stanze al piano superiore. Ridicolo!
Eppure 71 anni fa, quando la Cantina fu acquistata, gli amministratori dell’epoca (Alvisi primo Sindaco repubblicano) si rivelarono previdenti, al contrario dei loro successori, tant’è che non ritennero di acquistare l’intero immobile ma esclusivamente la “Cantina” primo per l’elevato costo e secondo perché prevedevano le difficoltà nello gestire il tutto.
Permettetemi di segnalare, proprio per il paragone improprio tra antichi e nuovi amministratori, le innumerevoli inesattezze snocciolate liberamente da più parti, durante il consiglio comunale del 15 giugno scorso come ad esempio l’altissimo valore culturale dell’immobile (ma de che!) mai certificato da nessun esperto né tanto meno dai tecnici storici dell’arte della Soprintendenza e che esperti di storia dell’ultima generazione, i quali sino a ieri avevano definito spazzatura tutta la storia sulla disfida degradando Ettore Fieramosca a comparsa e considerata la cantina un anonimo locale dove non era successo assolutamente nulla, dopo il big bang, quali novelli San Paolo folgorati sulla via di Damasco, hanno affermato, col cuore in mano, che sarebbe stato un delitto non acquistare quel palazzo e che i nostri posteri ce lo avrebbero rinfacciato.
Ancora. Sulle denominazioni del Palazzo che il Sindaco Cannito, facendo sfoggio di sicurezza inattesa, ha etichettato come “Palazzo Damato” dove, ha raccontato il Primo Cittadino barlettano, si recava a giocare da piccolo. Giusto in (minima) parte. I Damato, come riporto di seguito, sono stati uno dei tanti proprietari dell’immobile e neanche gli ultimi in quanto questo “primato” spetta ai Massari di Molfetta che nel 1949 lo hanno venduto, nella parte chiamata “Cantina della Sfida”, al Comune. Ed a proposito dei Damato, sembra che in quel Palazzo sia nato il celeberrimo storico barlettano Don Peppuccio Damato. Dico sembra perché sull’atto di nascita del sacerdote è riportato come indirizzo “Via Cialdini numero 28”. Ma nel famigerato Consiglio Comunale del 15 giugno non c’è stata la querelle, anche questa pretestuosa, sul numero civico sbagliato?
Visto che tutti nel più alto consesso cittadino straparlavano del Palazzo senza saperne alcunché, cercherò nel mio piccolo di dare minimi rudimenti sull’immobile.
Nel 1503, nel fondaco di uno dei primi palazzi trecenteschi barlettani, vi era la “Cantina del Sole” dove si vuole anzi, pardon, si fantastica, sia avvenuta l’Offesa da parte di cavalieri Francesi agli “Italiani”. La cantina si trova un metro e mezzo circa al di sotto del livello stradale ed è formata da un salone rettangolare dalle maestose arcate ogivali risalenti al 13° secolo con sovrapposizioni romaniche del XIV e XV secolo come anche la volta romanica.
La prima impressione è quella di un luogo sí austero ma anche accogliente, almeno per l’epoca. Poi si accede a due salette passando attraverso due arcate trecentesche.
La Locanda del Sole era proprietà di don Diego Lopez de Mendoza, il quale abitava al secondo piano insieme a don Inigo Lopez de Mendoza y de Ayala. Il palazzo è stato soggetto a restauri e rifacimenti per i vari passaggi di proprietà. Infatti si sono succeduti, quali proprietari, i De Gregorio, i Damato ed infine la sig.ra Giuseppina Panunzio vedova Massari di Molfetta dalla quale il comune con contratto n°41 di Repertorio del 15 luglio 1949, registrato a Barletta il giorno 26 successivo al n°157 Mod. 1° Vol. 5° Serie 2^, acquistava il seminterrato facente parte dello stabile del sec. XIV sito in Barletta, denominato “Cantina della Sfida” per la somma di £. 400.000.
Detto tutto questo non posso che concludere trovandomi d’accordo (forse le uniche due volte in oltre quattro ore di parole in libertà) con la velata (non tanto poi velata) “minaccia” del Sindaco il quale, novello Fra Cristoforo ha tuonato “Quel ch'io vi prometto. Verrà un giorno…” nel quale per qualsiasi acquisto di immobile nel centro storico il Consiglio comunale dovrà decidere di far valere il diritto di prelazione. Altrettanto sono in sintonia con la considerazione di un Consigliere comunale il quale, durante la discussione, ha lanciato un monito ai colleghi ed alla amministrazione ad essere previdenti e non ripetere gli errori del passato che hanno portato all’acquisto prima ed all’abbandono con conseguente disfacimento poi, di veri e propri (quelli si) beni culturali di altissimo valore storico artistico come Palazzo Bonelli, il Monastero di S. Andrea ed ancora, ancora, ancora.
Meditate gente, meditate e non buttate soldi della comunità perché non ce lo possiamo assolutamente permettere".