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giovedė, 29  ottobre 2020



08:48:00
L'origine del termine dialettale "Mishrudd": ecco l'ipotesi del prof. Filannino
Il mishrudd è la persona ambiziosa, scarsamente dotata, che è disponibile ad usare anche mezzi sleali



Il dialetto è una miniera, si sa; una miniera in esaurimento, ma comunque una miniera. Da insegnante, quando ne parlavo, i ragazzi degli anni Novanta e Duemila ridevano.  Poi però bastava poco perché si rendessero conto della “nobiltà” del dialetto. Ad esempio, a Barletta diciamo “krè” per dire domani, “pskrè” per dire dopodomani, “pskrin” per dire fra due giorni. I Latini dicevano “cras”, “post cras” e non credo avessero l’equivalente di “pskrin”. I ragazzi rimanevano sorpresi poi constatando che la coniugazione del verbo, ad esempio “andare”, è ben più difficile in dialetto che in Italiano: scibb, scist, scett, scemm, scist, scer’n.

C’è una parola nel dialetto barlettano e di alcune altre città pugliesi, piuttosto rara: “mishrudd” o “mushrudd”, con la variante femminile “mushradd.”. Il suono farebbe pensare al topo e ad un’etimologia saracena. La mia ipotesi, invece, è che il termine derivi invece da Micheroux, Antonio Micheroux (1755-1805), diplomatico e militare nato nel 1755 e morto nel 1805, legato alla storia della Puglia del fatidico anno 1799. Micheroux, plenipotenziario incaricato di ripristinare il potere borbonico nelle Province che avevano aderito alla Rivoluzione, è citato nella Cronaca di Camillo Elefante del maggio 1799, a volte come Micheroux, altre come Mischeroux. Attraccata nel porto di Barletta la sua flottiglia, che comprendeva alcune navi russe e turche, che lui stesso aveva reclutato a Corfù, M. riceve gli omaggi della nobiltà barlettana e celebra in pompa magna in Cattedrale il ritorno della Città sotto le ali del potere borbonico.

Di notte dorme in nave, ma di giorno è ospite del suo caro amico Troiano Marulli, figura di spicco dell’Ordine di Malta e padrone di Rasciatano. Il Contino Marulli, come lo chiama Elefante, aveva aderito alla “Democratizzazione” per mantener vivo il proprio potere nella tempesta rivoluzionaria: ora invece capeggia la restaurazione del regime borbonico a Barletta e fa imprigionare a decine i rivoluzionari (fra cui alcuni sacerdoti) nei sotterranei del Castello. Nel frattempo in tutto il Regno si scatenava la repressione ad opera del sanguinario esercito del Cardinale Ruffo e Micheroux sarà impegnatissimo a mandare al patibolo a Napoli i ribelli. Del resto, egli era un fedelissimo del Re di Napoli da sempre: a Venezia, già nel 1785, si era distinto come confidente degli Inquisitori di Stato contro Lauberg e gli altri sovversivi.

Le biografie del Micheroux ci fanno inoltre sapere che da giovane lasciò la carriera militare “troppo pesante per la sua salute”; che fu molto vicino a Maria Carolina d’Asburgo Lorena, a cui dedicò alcune poesie; che fu Massone nella Loggia della Vittoria; che sposò una donna molto chiacchierata e che fu un infaticabile scalatore di carriere diplomatiche con risultati spesso discutibili, come le clausole della pace di Firenze del 1801. L’Enciclopedia Treccani, peraltro, ci porge un’immagine tutto sommato positiva del Micheroux.
In fondo non ci interessa tanto il giudizio sul personaggio, quanto ciò che la tradizione popolare e la fantasia hanno costruito intorno ad un soggetto.

Il mishrudd assomma in sé una certa insignificanza fisica (tanto che la parola mishrudd potrebbe fare pensare al moscerino) con la mancanza di coraggio e di lealtà; direi, inoltre, con una certa vocazione alla delazione, al tradimento, apparentemente giustificata dalla fedeltà al Sovrano, al Potere. Certamente queste caratteristiche si addicono al personaggio citato, però aggiungerei un'altra unità di significato, cioè l’ambizione. Il mishrudd è la persona ambiziosa, scarsamente dotata, che è disponibile ad usare anche mezzi sleali pur di servire il potente, tanto da non accettare che qualcuno si ribelli, tanto da pensare di poter essere lui a difendere il potente, che a sua volta lo sfrutterà ben volentieri, pur consapevole delle limitate capacità del mishrudd.

Il mishrudd esprime in forma assoluta l’istinto di conservazione ed ha una tale forza, una tale influenza che la tradizione popolare lo ha trasformato in un archetipo, in una presenza mitica irrinunciabile: come dire che non si danno comunità umane senza mishrudd.

Anche la cultura “alta” ha approfondito la questione. Basti pensare ai saggi di Francesco De Sanctis sull’uomo del Guicciardini, in cui vide nella ricerca del mero interesse egoistico il cancro della storia italiana tutta. La banalità del male, Eichmann, su ben altra scala, hanno in fondo la stessa radice. Viene poi alla mente quel famoso politico italiano, dalla carriera immortale, che, commentando la morte di Luigi Ambrosoli, disse che se l’era “andata a cercare”.

Diciamo la verità, forse che la lotta al mishrudd che è in ciascuno di noi si è tragicamente interrotta? Ebbene sì, forse quella stirpe ha conquistato ormai l’egemonia in molte delle organizzazioni umane. Dunque, viva il dialetto, se conserva e tramanda le parole che ci consentono di riconoscere la sostanza delle cose!

Prof. Michelangelo Filannino


Redazione



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