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mercoledė, 11  novembre 2020



08:30:00
L'Arcivescovo D'Ascenzo scrive ai catechisti: "In questo tempo non siamo soli"
"È il tempo di fare pulizia di ciò che deturpa o semplicemente appesantisce la vita umana"



«Carissime/i catechiste e catechisti,

in questo tempo di particolare affanno, sentiamo il desiderio di farci vicini e in comunione con tutte le comunità parrocchiali e le realtà ecclesiali presenti in diocesi, testimoniando che non siamo soli e che la Sua Grazia sempre ci precede e ci accompagna.

«Una teologa italiana, Stella Morra, dice che il tempo che stiamo vivendo è come una bassa marea, che ha lasciato emergere cosa c’è nei fondali. Insieme a tante bellezze nascoste nel mare, che non avevamo apprezzato, sono apparse le sporcizie, i vetri rotti, le bottiglie di plastica, i rifiuti. Perché non sia una parentesi occorre che ci mettiamo bene in testa quello che ci è finalmente apparso come futile, che sembrava riempire la nostra vita ma che di fatto confondeva il desiderio con il soddisfacimento dei bisogni, anche quelli religiosi.

Più siamo stati vicini alla malattia, al dolore nostro o dei nostri fratelli e sorelle, alla stessa morte, e più abbiamo identificato e smascherato quello che non merita affidamento, che non dà felicità, che stordisce e illude. Fare pulizia è il secondo grande appello che possiamo accogliere da questo tempo di bassa marea. Smaltire. Papa Francesco ci ha detto che questo è “un tempo di scelta” per capire cosa conta e cosa passa, per separare ciò che è necessario da ciò che non lo è.

È il tempo di fare pulizia di ciò che deturpa o semplicemente appesantisce la vita umana. Anche per le nostre comunità e la nostra pastorale ecclesiale l’appello è ad alleggerire, a ripulire, un cumulo di attività che soffocano le relazioni piuttosto che favorirle, che soddisfano il bisogno religioso ma non nutrono la spiritualità, così da promuovere una vita di fede semplice, quotidiana, sostenibile, laica, profana. Una fede leggera» (A cura di Derio Olivero, Non è una parentesi, Effatà editrice, pp. 6-7) .

Alla luce di questa riflessione, potremmo farci alcune semplici domande che forse già albergano nel cuore di molti: Cosa è emerso di bello? Cosa è necessario? Cosa è essenziale?  E noi che cosa possiamo fare?

Viviamo alla giornata e ad ogni D.P.C.M. molti si chiedono quali misure adottare rispetto alla catechesi nelle nostre comunità parrocchiali, facendo paragoni non sempre adeguati con il mondo della scuola. Anche se siamo in un tempo difficile e faticoso e i protocolli considerano la catechesi una lezione scolastica, vogliamo ribadire che la catechesi e l’annuncio non sono tutto questo. Sappiamo che in molti casi è difficile incontrarsi in presenza, pur mantenendo il rispetto delle regole (mascherine, igienizzazione, distanziamento) e in alcune circostanze è sconsigliato. Infatti alla luce di quanto stiamo vivendo, fino al 3 dicembre non ci saranno incontri in presenza.

Allora cosa possiamo fare? Senza cedere alla tentazione dello “schermo-panacea” (che in taluni casi può essere utile e stimola la creatività) possiamo lasciarci guidare dagli Orientamenti pastorali diocesani. Essi ci suggeriscono di abitare la Chiesa rendendo più vive le nostre liturgie con una presenza che ci faccia riscoprire il mistero dell’incontro con il Signore della Vita e gustare il sapore della fraternità in questa casa comune. Vivere la nostra casa, riscoprire l’essere famiglia nei piccoli gesti della quotidianità e gustare il profumo dell’essere Chiesa.

Ci permettiamo di suggerire, e di lasciarlo alla discrezione di ogni singola comunità, un piccolo segno che ci possa far cogliere questo tempo ferito ed inedito come tempo favorevole e dunque, tempo di Grazia. La proposta potrebbe essere quella di invitare tutte le famiglie della comunità, ad un ora prestabilita (magari in serata), a fermarsi per pochi minuti per elevare al Signore la nostra preghiera.

Crediamo fermamente che il Signore ascolta sempre la nostra preghiera, soprattutto quando è fatta insieme. Sarà un dono per tutte quelle situazioni che in questo tempo sono state ferite: malati di covid, persone sofferenti, chi ha perso o sta perdendo il lavoro, chi finisce nelle maglie dell’illegalità, per i propri cari, ecc… Seppur nella distanza fisica, possiamo sperimentare la relazione con Dio, la prossimità umana e il dono di sentirci membra vive del Corpo di Cristo che è la fraternità sparsa sul territorio.

Come ricorda Papa Francesco «ecco un bellissimo segreto per sognare e rendere la nostra vita una bella avventura. Nessuno può affrontare la vita in modo isolato […]. C’è bisogno di una comunità che ci sostenga, che ci aiuti e nella quale ci aiutiamo a vicenda a guardare avanti» .

La preghiera nata nel calore delle famiglie, riscaldi la nostra fraternità ecclesiale perché continui ad essere una Chiesa che ha il sapore della casa e una casa che ha il profumo della Chiesa».



Redazione



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