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lunedė, 21 dicembre 2020
07:00:00
Viaggiatori a Barletta nel Settecento: secondo capitolo con Pietro Giannone
Il Giannone giunse a Barletta da Manfredonia nel maggio 1723
Abbiamo letto le note di George Berkeley del 1717. Pochi anni dopo passò da Barletta un altro personaggio illustre, ma non si trattò di un viaggio di piacere, tutt’altro. Parliamo di Pietro Giannone: nella generale dimenticanza della storia del Meridione, abbiamo perso memoria di questo eroe della libertà di pensiero, che lottò tutta la vita contro l’oscurantismo religioso, il pregiudizio, l’oppressione. Nacque in Puglia, a Ischitella, nel 1676 e morì nelle carceri di Torino a 72 anni, dopo più di dodici anni di reclusione, voluta dalle alte sfere ecclesiastiche a causa delle idee espresse nelle sue opere, Dell’Istoria civile del Regno di Napoli e Il Triregno.
Il Giannone giunse a Barletta da Manfredonia nel maggio 1723 per tentare di imbarcarsi il prima possibile per Fiume o Trieste. Vi giunse proprio nei giorni appena successivi alla pubblicazione dell’Istoria.
Giunto a Barletta, il vice-console fecemi parlare col padron della nave, e, convenuti del nolo, si aspettava che fornisse il suo carico, ed il tempo fosse propizio per partire; ma, di giorno in giorno, per suoi affari, prolungava la partenza, talchè mi trattenne ivi otto giorni; ed intanto, essendo già entrati nel mese di maggio, venne ivi novella da Napoli che, nel dì stabilito al confronto, il sangue di san Gennaro erasi disciolto ed avea, con giubilo universale, fatto il solito miracolo.
Era diffuso, infatti, il timore che, se il sangue di San Gennaro non si fosse sciolto, il popolo napoletano si sarebbe scagliato ancora più violentemente contro Giannone e tutti gli anticurialisti, incolpandoli di portare sciagure.
In Barletta, ancorchè io procurassi poco farmi vedere e starci sconosciuto, con tutto ciò, per occasione di dover prendere nel partire le fedi della sanità, quell’ufficiale che avea l’incombenza di darle, nel trascrivere il mio nome, avvertito da un prete che l’era accanto, chi io fossi, divolgò ad altri la mia persona; e cominciava ad esser mostrato a dito, ed il giudice di quella città, ch’era napolitano, venne a visitarmi, e già altri si accingevano a far lo stesso.
Dunque, al ritiro del passaporto sanitario per Trieste, un prete riconobbe “l’eretico” Giannone.
[…] vedendomi già scoverto ed avendomi detto il padrone che la sua nave era già alle Saline per caricar il sale, e che mi accingessi alla partenza, uscii da Barletta ed andai alle Saline, poste quasi due miglia lontane dalla città; ed ivi aspettai due giorni, finchè finisse il carico, in un casino che per cortesia del fratello del consiglier Fraggianni, mio amico, mi fu offerto; il qual, anche per sua gentilezza, volle ivi trattenersi meco e farmi compagnia, finchè non partissi.
Francesco Saverio Fraggianni, fratello di Niccolò, aiuta Pietro Giannone e lo salva ospitandolo in una sua casa presso quelle che all’epoca erano le “Saline di Barletta”. Non si limita ad offrigli l’alloggio, ma si trattiene con lui fino alla partenza.
Si partì infine da quelle spiagge, e ne’ primi giorni si ebbe prospero vento, ma dapoi si ebbe una calma, che rese la nave immobile: talchè si contrastò dieci giorni, per arrivare a prender porto a Trieste.
Pietro Giannone riuscì a raggiungere Trieste e poi Vienna. Il suo racconto ci fa sentire da un lato il clima di chiusura e di oppressione che dominava nel Regno, dall’altro come, da Napoli, Niccolò Fraggianni facesse sentire forte la sua influenza sulla città natale.
Prof. Michelangelo Filannino
Redazione