“Se la perdita di iscritti ai sindacati fosse sostanzialmente vera, in un Paese democratico non dovrebbe preoccupare solamente le organizzazioni sindacali, ma tutti i cittadini che credono nella democrazia. La riduzione ulteriore dei livelli di partecipazione democratica nella vita della nostra società produrrebbe infatti inevitabilmente un restringimento degli spazi di democrazia”. E’ quanto ha sostenuto il segretario generale nazionale della Uil Pensionati, Romano Bellissima, intervenendo a Bari ad un direttivo della Uilp di Puglia.
Bellissima ha così commentato quella che ha definito senza giri di parole “una bufala”, cioè la notizia secondo cui ci sarebbe stata “una fuga degli iscritti dai Sindacati confederali, salvando solo la Uil, che invece cresce”.
“Essendo io un sindacalista della Uil – ha detto il segretario – sono ovviamente lieto del riconoscimento che il mio sindacato sia in crescita; per il resto invece non sono assolutamente soddisfatto. In ogni caso, se ci sono state flessioni nel numero dei lavoratori iscritti ai sindacati, bisogna anche tenere conto dei dieci lunghi anni di crisi economica e del susseguirsi di governi neoliberisti che hanno rifiutato ideologicamente il confronto e portato il Paese nella più pesante recessione economica, sociale e occupazionale del dopoguerra. Come si può, peraltro, parlare di crisi della rappresentanza in un sistema dove ad ogni elezione per il rinnovo delle Rappresentanze sindacali unitarie il 90% degli aventi diritto al voto va liberamente a votare e vota per i candidati di Cgil, Cisl, Uil? In quale altra organizzazione democratica accade una cosa simile?”.
Bellissima ha poi spiegato che “la verità è che la debolezza della politica mal sopporta i sindacati, specialmente quelli confederali che sono strutturati ed organizzati su tutto il territorio nazionale, perché sono gli unici baluardi in difesa dei diritti, della solidarietà, delle tutele e quindi i partiti moderni fanno di tutto, con l’aiuto dei media compiacenti, per denigrarli, delegittimandoli al fine di indebolirli e renderli inoffensivi. Il vero problema del nostro tempo è il cambiamento epocale che purtroppo la politica non ha compreso”.
Concludendo il suo intervento, Bellissima ha poi ricordato che “una recente ricerca ha dimostrato che una cultura per poter vivere oltre i 25 anni ha bisogno di un tasso di natalità del 2,11; valori inferiori a questi determinano la morte di quella determinata cultura. Come noto, il tasso di natalità in Italia è dell’1,2, molto al di sotto di quel 2,11 necessario a mantenere viva la cultura. La nostra cultura è quindi destinata a spegnersi, in quanto anche se tornassimo adesso a fare figli come prima della guerra, ci vorrebbero dagli 80 ai 90 anni per riportare il tasso di natalità sopra il 2,11. Ma i politici possono stare tranquilli, loro non hanno una cultura … da perdere”.