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giovedė, 3  dicembre 2020



07:00:00
"Caro Gesù Bambino dovrai nascere a casa nostra": la lettera di padre Saverio Paolillo
"Quest'anno a Natale non ci saranno forestieri, strette di mani, abbracci e baci"



Caro Gesù Bambino, quest’anno non hai alternative. Se vuoi proprio che ti vediamo devi nascere a casa nostra. Questa volta di posto ce n’è tanto. Un decreto del governo, a differenza di quello di Cesare Augusto, ci obbliga all’ isolamento sociale.

Il dovere di evitare agglomerazioni, ci impedisce di uscire di casa e di avvicinarci alla Tua mangiatoia. Ai tuoi tempi, per causa del  censimento, i tuoi genitori furono costretti a mettersi in viaggio per recarsi a Betlemme e registrarsi nella loro terra natale. Quest’anno, per forza maggiore, dovremo restarcene chiusi in casa. Non tutti potranno recarsi in Chiesa per la Messa di mezzanotte e il cenone sarà soltanto per pochi intimi.

Nonostante i disagi del viaggio e le odiose manie di grandezza di un imperatore che voleva tenere tutti sotto controllo, il censimento si trasformò in un avvenimento festivo. Fu un’opportunità per rivedere persone e luoghi cari che facevano parte della storia della Tua famiglia. Le strade e le osterie si riempirono di gente e persone che non si vedevano da tempo potettero incontrarsi di nuovo ed abbracciarsi.

Per noi, invece, quest’anno a Natale non ci saranno forestieri, strette di mani, abbracci e baci. Il decreto ci obbliga a mantenerci a distanza. Sarà un Natale diverso, meno chiassoso e meno affollato. Sarà una opportunità di vivere un Natale silenzioso, personale, profondo e familiare. Sarà più Natale, semplice e austero come il Tuo. Vieni a farci compagnia, non tardare. Vieni ad occupare i posti lasciati vuoti da chi non può raggiungerci o ci ha lasciati per sempre. Mai come ora abbiamo bisogno della Tua compagnia per non sentirci soli. È bene che anche Tu faccia attenzione. Questa volta la furia di Erode si è scatenata prima ancora del Tuo arrivo. La strage degli Innocenti Ti ha preceduto. Ormai dura da quasi un anno. Viviamo sotto la tirannia di un virus che sta dominando il mondo con un incontrollabile potere di distruzione e morte. Le sue truppe avanzano senza dar tregua. Le vittime si moltiplicano. Qui in Brasile sono quasi 180 mila. Nessuno riesce ad arrestarlo. Siamo stanchi. Oltre a strapparci tante persone care, sta smorzando la nostra speranza e portando via la poca fede che ci resta. Il mondo ci è crollato addosso. Non ce lo aspettavamo. Ci ritenevamo sicuri nelle fortezze della nostra autoreferenzialità. Il vertiginoso ritmo delle scoperte scientifiche e tecnologiche ci stava illudendo con una falsa sensazione di onnipotenza. Ci sentivamo ormai autosufficienti. C’era qualcuno che cominciava addirittura a pensare nella possibilità di “strappare agli dèi” il segreto dell’eterna giovinezza e dell’immortalità. Ma è bastato un microscopico virus per farci toccare con mano la nostra fragilità. Il decantato modello economico adottato negli ultimi tempi non ha retto. Le ingenti ricchezze, molto spesso costruite sullo sfruttamento della manodopera, il monopolio della tecnologia, la distruzione ambientale e l’assolutizzazione dei mercati, non sono servite a soccorrere i più deboli e, quindi, i più colpiti. Nonostante i molteplici gesti di solidarietà, buona parte delle grandi fortune è rimasta chiusa nelle casseforti dei più benestanti. Il già drammatico divario tra ricchi e poveri è diventato più vasto e più profondo, e il numero degli scartati è aumentato spaventosamente.

Un duro braccio di ferro tra la protezione della vita e la salvaguardia dell’economia si è scatenato negli ultimi mesi. Ci ha assalito il dubbio. C’è chi ha preferito sacrificare le persone sull’altare del capitale e chi ha perso tutto per mancanza di solidarietà. Il conflitto sarebbe stato facilmente superato con una equa distribuzione delle ricchezze accumulate. Ci siamo resi conto del risultato dello smantellamento delle politiche sociali. Abbiamo speso ingenti somme di denaro per produrre e accumulare armi capaci di distruggere il mondo per varie volte, ma non sono servite a niente davanti a questo invisibile e potente avversario. Seduti sui nostri arsenali militari ci sentivamo sicuri e invincibili, ma è bastato un nemico invisibile a occhio umano a piegarci. Non ci siamo mai sentiti così sconfitti. Le immagini delle grandi parate militari oggi risultano ridicole di fronte alle nostre ritirate. Stiamo pagando il prezzo dei bilanci che hanno preferito investire ingenti somme nella folle corsa agli armamenti, invece di prenderci cura della gente con politiche pubbliche di qualità. All’orgoglio militare è subentrata l’umiltà del servizio e l’esercito più prezioso è quello disarmato del camice bianco impegnato sul fronte dell’assistenza diretta e quello del grembiule sul fronte della solidarietà.

Abbiamo dovuto unirci per sconfiggere il nemico. Per la prima volta tutta l’umanità si è trovata di fronte alla necessità di schierarsi dalla stessa parte per garantire la sua sopravvivenza. La pandemia ci ha fatto toccare con mano l’emergenza della solidarietà universale come uscita di sicurezza da questa e da altre tragedie. Siamo stanchi. Viviamo in balia di decreti e delle ondate della pandemia. Abbiamo paura di essere contagiati e di morire da soli. Il virus ci ha tolto letteralmente il respiro. Ci manca l’aria. Affrettati. Vieni presto in nostro aiuto per portarci una boccata di vita nuova. Ricolmaci con i tuoi doni. La trepidante attesa del vaccino, essenziale per liberarci da questo flagello, non spenga la gioiosa attesa della Tua venuta. Vieni a nascere nelle nostre case da dove non avremmo mai dovuto buttarti fuori. Pianta la tua tenda in mezzo a noi e abita con noi a modo Tuo e non a modo nostro.

Tu che hai avuto il coraggio di reinventarti attraverso il mistero dell’incarnazione, aiutaci a dare alla luce un nuovo stile di vita personale e sociale che porti con sé la fragranza e la sostanza dell’umanità che Tu hai assunto. La Tua ostinatezza nel salvarci e nel portare a compimento l’opera della creazione ispiri la nostra perseveranza. Niente e nessuno ci faccia abdicare dalla responsabilità di collaborare con Te alla costruzione del Tuo sogno. Con Te non siamo mai a un passo dalla fine, ma a pochi passi dalla speranza. La Tua passione per noi faccia rivivere la nostra passione per Te e per coloro che ci hai affidati. Il Tuo desiderio di venire al mondo in una famiglia ci faccia sentire la gioia di averne una e il desiderio ardente di preservarla a qualunque costo. La Tua fragilità di bambino e la tua tenerezza ispirino in ognuno di noi la voglia di prenderci cura della vita in tutte le sue manifestazioni, soprattutto di chi non ce la fa a vivere o è impedito di vivere. A nessun bambino del mondo sia negato il diritto di nascere in famiglia e di essere sempre avvolto nel calore dell’affetto. La Tua attenzione verso i più poveri accresca in noi la voglia di solidarietà e condivisione.

La Tua vicinanza ci faccia riscoprire il gusto di stare insieme e di vivere da fratelli e sorelle. La Tua apertura verso tutti spalanchi le porte dei nostri cuori e stimoli la nostra accoglienza. La luce che si irradia dal Tuo volto rischiari le tenebre che ci avvolgono, smascheri le illusioni ottiche che ci portano fuori strada e illumini i nostri passi sulla Tua strada. La Tua stella sia sempre la nostra guida, la ricerca della Tua Verità la motivazione del nostro camminare e il Tuo stile di vita da strada da imboccare. La gioia che brilla nei Tuoi occhi riempia i nostri cuori, ci liberi dallo scoraggiamento e ci restituisca la voglia di vivere. La pace che porti sempre con Te trovi dimora stabile nelle nostre case e nella nostra società.

 Vieni, Ti aspettiamo con ansia per ricominciare. La Tua presenza colmerà la nostra solitudine. Se Sali a bordo, la nostra vita non affonderà nella disperazione. Aiutaci a non perdere l’opportunità di riscoprire il Natale. Nella notte scura che ci avvolge sarà ancora più facile scorgere la Tua luce. Se non riusciamo a vederti ora e non approfittiamo di questo momento per venirTi incontro è perché siamo veramente perduti nelle tenebre. Ti prego, salvaci. Ti vogliamo bene. Bentornato a casa.

P. Saverio Paolillo Missionario Comboniano



Redazione



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