L'autore non visitò personalmente Barletta, ma utilizzò gli appunti di viaggio di Dominique Vivant
Fra il 1781 ed il 1786 fu pubblicata un’opera enciclopedica, il “Voyage pictoresque ou Description des Royaumes de Naples et de Sicile”, di Jean Claude Richard De Saint – Non, una delle imprese editoriali private più importanti del 18° secolo, in cinque volumi. L’autore non visitò personalmente Barletta, ma utilizzò gli appunti di viaggio di Dominique Vivant, barone di Denon (1747-1825), primo segretario dell’ambasciata di Francia a Napoli.
Sei miglia dopo le Saline e dopo aver lasciato sulla destra il piccolo centro di Salpi, anticamente chiamato Salapia, attraversato l’Ofanto, l’Aufidus degli antichi, giungemmo a Barletta, l’antica Bardulum. Poiché la luce stava rapidamente calando non potemmo osservare, arrivandoci, la forma e la posizione di questa città. Fummo ricevuti piuttosto male dal Console al quale il nostro meschino equipaggio ed il nostro carretto non dovettero fare impressione, giacchè occorre fare impressione agli uomini, sia per ottenere da loro qualcosa che per governarli. Per fortuna un semplice privato, conosciuto per strada, ci prese sotto la sua protezione e ci fu molto più utile del Console, a cui pure eravamo stati raccomandati.
L’indomani passeggiammo nella città che è costruita interamente con una specie di pietra bianca quasi sempre tagliata a punta di diamante: strade molto larghe, molto dignitose ed ottimamente selciate, ma nessun monumento, ad eccezione di una colossale statua di bronzo, che ci dissero trovata in mare, assicurandoci che rappresenta Heraclius, Imperatore d’Oriente; altri affermano che si tratta di Rachisio, Duca di Benevento. Si nota, osservando questa statua che, per quanto brutta, ha ancora qualcosa dello stile greco del periodo del basso Impero e non ha nulla del gusto gotico dei principi barbari che hanno regnato su Benevento. La statua fu trovata mutila delle gambe; quelle che le sono state aggiunte sono orribili. E’ vestita alla romana e nella mano destra sollevata vi è sistemata una croce mentre nell’altra, che è distesa, si è pensato di metterci la sfera del Mondo. Se questa statua, alta ben venti piedi, fosse collocata più in alto ed adeguatamente, avrebbe un aspetto molto nobile. Ma così, poggiata a terra e senza piedistallo, fa un pessimo effetto.
Il Castello di Barletta, che è famoso e passa per uno dei quattro più celebri castelli italiani, non è che un grosso corpo di fabbrica circondato da brutti fossati asciutti e non ha nulla di notevole se non la durezza della pietra
Il porto è un semplice molo molto basso con una struttura isolata ed a semicerchio che lascia entrare le navi da due parti, come a Civitavecchia e che, anche quando sarà ultimato, non offrirà certo alle navi molta sicurezza.
Peraltro, Barletta non manca di essere un centro mercantile attivo soprattutto per le granaglie che si vengono a cercare qui da Trieste. Può avere diciottomila abitanti ed è una delle città più importanti di questa parte del Regno di Napoli: ma la struttura del tutto moderna e punto pittoresca non potè offrirci nessun aspetto interessante, né una sola veduta da disegnare.
Una piccola chiesa della Madonna, chiamata Santa Croce di Barletta, nella quale ci imbattemmo uscendo dalla città, fu il solo luogo che meritasse di fermarci un solo momento. Uno dei nostri disegnatori ne ritrasse una piccola veduta…
L’Autore, prevalentemente interessato alle antichità, non restò colpito dai monumenti di Barletta, a cui riconosce però una vivacità economica notevole. Ci consegna un dato demografico importante, confermato da altre fonti, ovvero 18.000 abitanti, che rendeva Barletta una delle città più popolose del Regno di Napoli.
Lasciando Barletta, rimase colpito dalla Chiesa della Madonna della Croce. Per ricordare questa chiesa abbiamo oggi la via ad essa intitolata ed una stele di recente inaugurata. La Chiesa, con annesso monastero, apparteneva all’Ordine dei Serviti. Francesco Saverio Vista, infaticabile storiografo, nel XXV capitolo delle sue
Note storiche sulla città di Barletta, racconta che l’esercizio del culto vi cessò nel 1813 e che alcune parti della chiesa, rosone e capitelli, sono stati custoditi dal Monte di Pietà. A noi resta l’affascinante atmosfera del disegno.
Prof. Michelangelo Filannino