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sabato, 10  aprile 2021



09:08:00
Archivio di Stato in crisi a causa Covid, verso la chiusura della sezione di Barletta
A denunciare la crisi del settore è Michele Grimaldi, Direttore dell'Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani



«Anche generata dalla sciagura Covid 19, la disperata situazione degli Archivi di Stato sta per giungere al più deprecabile degli epiloghi. È di qualche tempo fa la nota ufficiale della dott.ssa Anna Maria Buzzi, Direttore Generale degli Archivi, indirizzata al ministro Dario Franceschini che ha tutto il sentore di un ultimatum. Infatti recita "Siamo allo stremo, non sappiamo fino a che punto potremo reggere. Già nel corso dell'anno 2020 si è avuta una carenza di 1.202 unità di personale, cui si aggiungeranno altre 386 nel prossimo biennio. In sintesi, negli Istituti che attualmente contano 2.784 unità di personale, si registreranno carenze pari a 1.588 unità"». A denunciare la crisi del settore è Michele Grimaldi, Direttore dell'Archivio di Stato di Bari, Barletta e Trani.

«La carenza di personale nell'amministrazione archivistica - prosegue - rappresenta un problema ormai improcrastinabile, al punto da mettere a repentaglio l'erogazione di un servizio pubblico riconosciuto come "essenziale" nell'assicurare la tutela, la fruizione e la valorizzazione del patrimonio archivistico nazionale. I problemi derivano anche da congedi e pensionamenti anticipati per "quota 100".

L'assunzione di 190 funzionari archivisti di Stato, tra il febbraio e il settembre del 2018, nell'ambito dell'ultimo concorso ministeriale, è stata preceduta e accompagnata dal congedo di numerosi funzionari entrati in servizio fra il 1979 e il 1984; il pensionamento anticipato è stato da ultimo parzialmente accelerato da quota 100 che, nel solo 2019, ha già provocato l'uscita anticipata dalla pubblica amministrazione di circa 90 mila dipendenti.

Ci sono dunque difficoltà soprattutto nel quotidiano per gli archivi di Stato che non riescono ad espletare l'attività ordinaria e l'amministrazione archivistica è resa ancora più difficoltosa dalla grave insufficienza di personale di area II a supporto dell'attività quotidiana dei funzionari archivisti i quali, già ridotti di numero, si trovano, oltre a sostenere una mole di lavoro via via crescente, a dover far fronte ad attività di competenza di altre professionalità.

Nel 2022 i funzionari archivisti di Stato in servizio saranno 279 sui 600 necessari e già ora, l'età media elevatissima degli addetti alla vigilanza, impedisce di assicurare l'apertura di cruciali Archivi di Stato e questo perché la percentuale di quelli che vengono dichiarati "lavoratori fragili" e dunque doverosamente assegnati al lavoro a distanza, è in certi casi vicina all'80% del personale disponibile. All'archivio di Stato di Firenze restano in servizio due custodi e una situazione analoga colpisce le sedi di Torino, Roma, Napoli e Bari.

Andando verso questa china disastrosa è la memoria dell'intero Paese che diventa inaccessibile, in una sorta di terribile Alzheimer collettivo che rischia di essere irreversibile. E proprio a rafforzare la terribile prospettiva, mi spiace palesare la non remota possibilità, perdurando l'attuale situazione gravissima di carenza del personale, di vedermi costretto, in qualità di Direttore dell'Archivio di Stato di Bari, a prendere la decisione di chiudere, non so se temporaneamente o meno, le importantissime Sezioni di Archivio di Barletta e Trani come già successo alla storica Sezione di Archivio di Stato di Lucera. Ciò arrecherà un gravissimo danno non solo agli studiosi e alle diverse attività professionali che attingono a piene mani all'inesauribile fonte di documenti conservati negli istituti, ma soprattutto alle comunità della provincia ofantina che perderanno la vera memoria storica delle loro popolazioni.

L'archivio costituisce l'identità, non manipolabile, di intere società e rappresenta l'unico mezzo per documentare i fatti del passato la cui conoscenza può essere indispensabile per studiare i presupposti onde avviare una azione futura. Realizzare l'obiettivo di metterlo a disposizione per la ricerca storica, cioè garantirne la conservazione, la custodia e la consultazione, rappresenta un indubbio salto di qualità per ogni comunità».


Redazione










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